Pubblicato online lo studio italiano ESCAPE sull’efficacia e sicurezza di canrenone nei pazienti ipertesi


un nuovo approccio terapeutico che può ridurre la pressione arteriosa e proteggere cuore, vasi e reni.

Roma, 17 dicembre 2016 – L’ipertensione arteriosa, responsabile ogni anno di 7,5 milioni di decessi nel mondo, colpisce in Italia 17 milioni di individui e comporta un numero molto elevato di complicanze cardiovascolari, quali ictus, infarto miocardico e insufficienza renale cronica.

Ben due terzi dei pazienti in terapia con farmaci di prima linea – quali ACE-inibitori e sartani – non riescono a controllare correttamente il livello di pressione arteriosa, condizione che li espone, secondo alcuni esperti, ai medesimi rischi dei soggetti che non assumono alcun trattamento.
Per questo motivo i ricercatori si sono concentrati nel rivedere i percorsi terapeutici inaugurati una quindicina d’anni fa con lo sviluppo degli antiipertensivi individuando un nuovo approccio terapeutico che consente di ridurre ulteriormente e in modo significativo sia la pressione sistolica che quella diastolica, esercitando contemporaneamente un’azione di protezione per salvaguardare gli organi bersaglio del “killer silenzioso”, cioè cuore, vasi e reni.
Queste sono le premesse dello studio ESCAPE (Efficacy and Safety of Canrenone as Add-on in Patients With Essential Hypertension), che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di canrenone, in aggiunta agli ACE-inibitori o sartani più diuretico, nel trattamento dell’ipertensione arteriosa in 175 pazienti ipertesi (età media 57 anni) divisi in due gruppi: uno trattato con canrenone 50 mg e l’altro con canrenone 100 mg. In entrambi i casi la posologia prevedeva l’assunzione del farmaco una volta al giorno per tre mesi.
Lo studio, realizzato interamente da ricercatori italiani con il supporto di Therabel, è stato presentato al Rome Cavalieri Hilton in occasione del 77° Congresso della Società Italiana di Cardiologia ed è ora pubblicato sulla rivista britannica Cardiovascular Therapeutics all’indirizzo https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27860389.
I pazienti arruolati sono stati sottoposti a valutazione all’inizio del trattamento e a distanza di 3 mesi e i dati raccolti – relativi a pressione sistolica e diastolica, frequenza cardiaca, profilo lipidico e aldosterone – hanno dimostrato che in entrambi i bracci canrenone ha ridotto in modo significativo la pressione esercitando anche un’azione protettiva dai danni che l’aldosterone può generare. Questo ormone, infatti, oltre a un aumento pressorio, può provocare anche irrigidimento delle pareti dei vasi, ispessimento del cuore e problemi a livello renale. Questa attività è una caratteristica specifica degli antialdosteronici a cui appartiene canrenone. I calcioantagonisti, altra classe farmacologica spesso usata come secondo step nella terapia dell’ipertensione non controllata, non hanno dimostrato di proteggere a lungo termine il sistema cardiovascolare.
Infine, per quanto riguarda la tollerabilità, entrambi i dosaggi di canrenone non hanno comportato variazioni clinicamente significative sia dei parametri metabolici, sia di quelli renali legati alla tollerabilità del farmaco.
Siamo più che soddisfatti  – ha spiegato Giovanni Vincenzo Gaudio, dirigente medico dell’AO di  Gallarate (Varese) e Coordinatore nazionale dello studio ESCAPE – abbiamo confrontato i risultati del trattamento con i due dosaggi del farmaco (50 e a 100 mg) e verificato anche la sicurezza dal punto di vista metabolico, constatando che non solo canrenone è stato ben tollerato, ma che rispetto ad altre terapie può contrastare la possibilità di una ‘fuga’ dell’aldosterone, bloccando a valle il sistema renina-angiotensina-aldosterone”.
Controllare la pressione arteriosa significa evitare danni a diversi distretti dell’organismo. “In particolare – ha aggiunto Giuseppe De Rosa, Responsabile del Dipartimento Diabete e Malattie Metaboliche del Policlinico San Matteo, tra i Centri coinvolti nello studio ESCAPE – l’aumento della pressione arteriosa produce danni a livello delle arterie dei vari organi (cuore, cervello, retina e rene) a causa del sommarsi di ripetuti microtraumi alla parete vascolare protratti per mesi o anni. L’ipertensione  sottopone il cuore a un maggiore lavoro, che può ingenerare ipertrofia in questo muscolo, mentre a livello renale può produrre una progressiva riduzione del volume e della funzionalità, che può arrivare a determinare un quadro di insufficienza renale; infine, a livello oculare l’elevata pressione arteriosa può provocare danni che, negli anni, possono portare a cecità”.

Lo studio ESCAPE

Spesso per controllare l’ipertensione arteriosa vengono impiegate combinazioni di farmaci tra cui gli ACE-inibitori. Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che fino al 40% dei soggetti, nonostante la terapia già in atto, presenta dei rialzi pressori dopo un periodo variabile tra 3 e 12 mesi. La terapia di prima linea blocca il sistema che produce l’aldosterone ma, come spesso accade, l’organismo di “autoregola” e produce l’aldosterone attraverso altre vie. Questo fenomeno è conosciuto come escape dell’aldosterone. Il risultato finale è che i livelli di aldosterone tornano alti comportando un rialzo pressorio responsabile anche, secondo diverse evidenze di Letteratura, di danni a lungo termine sul sistema cardiovascolare.
L’idea originale dello studio ESCAPE è stata quella di verificare se un farmaco come LUVION®, in grado di bloccare direttamente i recettori dell’aldosterone, potesse riportare a target i valori pressori.  


Descrizione dello studio

Studio italiano, multicentrico, randomizzato, in aperto  che ha arruolato 175 pazienti divisi in due gruppi, trattati rispettivamente con Luvion 50 mg e Luvion 100 mg. In entrambi i casi la posologia giornaliera era di 1 volta al giorno, per tre mesi consecutivi. Tutti i pazienti arruolati erano ipertesi non controllati dalla terapia in atto (ACE-I o sartano e diuretico) da almeno 3 mesi. L’endpoint primario era la riduzione di almeno 8 mmHg della pressione arteriosa diastolica, quelli secondari comprendevano la variazione della pressione arteriosa sistolica, della Pulse Pressure, della galectina -3 e la valutazione dell’impatto metabolico e della sicurezza d’impiego del farmaco.

Risultati

Entrambi i dosaggi di canrenone (50 e 100 mg) hanno ridotto la pressione arteriosa in modo significativo, senza una variazione clinicamente significativa del potassio. Non ci sono state variazioni significative dei parametri metabolici (glicemia, home index, profilo lipidico) a eccezione dei trigliceridi, il cui lieve aumento con canrenone 50 mg non è risultato clinicamente significativo. Nonostante la creatinina sia leggermente aumentata nel gruppo dei pazienti in trattamento con 100 mg di canrenone, la velocità di filtrazione glomerulare (indice dello stato di funzionamento del rene) è rimasta invariata in entrambi i gruppi. Nessuna variazione è stata registrata dopo tre mesi di terapia per quanto riguarda la galectina-3. L’aldosterone, invece, è aumentato nei pazienti del gruppo 50 mg.

Significato clinico e commento

Lo studio ESCAPE ha dimostrato l’efficacia clinica dell’impiego del canrenone nel paziente iperteso non controllato dalla terapia di prima linea. Infatti sono diminuiti i valori pressori. Inoltre, ha dimostrato di proteggere il sistema cardiovascolare dai danni che l’aldosterone può generare: riduce la rigidità dei vasi (pulse pressure diminuita in entrambi i gruppi) e non fa aumentare la galectina-3 contrastando così l’ingravescenza della fibrosi. Infine per quanto riguarda l’aspetto tollerabilità, entrambi i dosaggi non hanno dato variazioni clinicamente significative sia dei parametri metabolici, sia di quelli renali legati alla tollerabilità del farmaco.


 LUVION®


LUVION® (canrenone) è un farmaco in classe A disponibile sul mercato al dosaggio di 50 mg (nella confezione da 40 capsule, costo 7,42 €) e 100 mg (nella confezione da 20 capsule, 7,29 €) ed è indicato per trattare l’iperaldosteronismo primario, gli stati edematosi da iperaldosteronismo secondario (scompenso cardiaco congestizio, cirrosi epatica in fase ascitica, sindrome nefrosica) e l’ipertensione arteriosa essenziale laddove altre terapie non sono risultate sufficientemente efficaci o tollerate. LUVION® è un antialdosteronico, agisce cioè come antagonista dell’aldosterone sui recettori dei mineralcorticoidi (impedisce che l’aldosterone si unisca al suo recettore) contrastandone gli effetti negativi sui valori pressori, sul danno d’organo (vasi e rene) e sulla progressione dello scompenso cardiaco. 

L'ipertensione arteriosa
 
L'ipertensione arteriosa è una condizione che interessa circa il 30% della popolazione adulta di entrambi i sessi. Questa patologia è caratterizzata da una elevata pressione del sangue nelle arterie, dovuta all’aumento della quantità di sangue circolante (ipervolemia) e/o alla resistenza opposta dalle arterie al flusso del sangue a seguito di vasocostrizione o irrigidimento delle pareti dei vasi.
L'ipertensione arteriosa può essere classificata in primaria e secondaria. Nell’ipertensione primaria (o essenziale) gli elevati valori pressori sono il risultato dell'alterazione dei meccanismi complessi che regolano la pressione (sistema nervoso autonomo, sostanze circolanti che hanno effetto sulla pressione). Questa condizione interessa il 95% dei casi di ipertensione. Nel restante 5% dei casi, invece, l'ipertensione è la conseguenza di malattie, congenite o acquisite, che interessano i reni, i surreni, i vasi, il cuore, e per questo viene definita ipertensione secondaria. In questi casi, l'individuazione e la rimozione delle cause (cioè, la cura della malattia di base) può accompagnarsi alla normalizzazione dei valori pressori.
I valori normali per la popolazione adulta sono compresi entro i 140/90 mmHg. Nei pazienti a elevato rischio cardiovascolare (postinfartuati, scompensati o con altre patologie cardiache) i valori raccomandati non dovrebbero superare i 130/80 mmHg.
Poiché la pressione arteriosa risente di alcuni fattori predisponenti (età, sovrappeso, diabete, fumo, alcol, stress, sedentarietà) il primo intervento terapeutico consiste nel modificare il proprio stile di vita cercando di seguire un regime alimentare adeguato e di eliminare gli eventuali fattori di rischio.
Qualora la risposta alla modifica delle proprie abitudini di vita non basti è necessario ricorrere al trattamento farmacologico.

Therabel

Therabel GiEnne Pharma nasce in Italia come filiale del gruppo olandese Therabel nel marzo 1997. L’azienda ha sempre puntato sull’esperienza e sulla professionalità dei propri collaboratori privilegiando la soddisfazione della classe medica e dei pazienti. Impegnata in diverse aree terapeutiche, nel campo della Cardiologia offre soluzioni all’avanguardia per il trattamento dello scompenso cardiaco e dell’ipertensione arteriosa non controllata dai farmaci di prima linea, supportando la realizzazione di importanti studi clinici in ampie casistiche di pazienti. Nel periodo 2011-2015 la crescita media annuale di Therabel è stata del 5,4% contro quella del mercato che è stata addirittura negativa e pari al -1,5%. Il trend positivo dell’azienda è stato sostenuto sia dal lancio di nuovi prodotti, ma anche, e soprattutto, dallo sviluppo di quelli esistenti. Nel 2015 Therabel ha raggiunto un fatturato di quasi 25 milioni di €.
 

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