Acido folico non solo in gravidanza: estendere
la finestra terapeutica a tutte le donne in età fertile
L’acido folico non solo riduce del
72% il rischio di difetti del tubo neurale,
ma diminuisce anche il rischio di
cardiopatie, labbro leporino, prematurità, autismo e ritardo del linguaggio nei
nascituri
Estendere
la “finestra terapeutica” facendo assumere l’acido folico a tutte le donne in
età fertile che iniziano ad essere sessualmente attive: questa la soluzione,
proposta per contrastare i difetti del tubo neurale tra i nascituri, emersa
durante l’incontro stampa avvenuto il 27 settembre scorso, promosso da Effik e
Italfarmaco.
Durante
l’incontro sono stati presentati i risultati della ricerca condotta
dall’istituto GfK Eurisko sulla
popolazione femminile Italiana* da cui emerge che il 77% delle donne che ha intenzione di avere un figlio non pianifica la gravidanza; inoltre, tra chi dichiara che farà prevenzione, solo il 3% utilizzerà l’acido folico. La
ricerca, commissionata da Effik e Italfarmaco, è una nuova conferma del dato epidemiologico consolidato relativo alla necessità di una
corretta prevenzione delle malformazioni neurologiche nei nascituri, da
effettuarsi con l’assunzione dell’acido folico nel giusto dosaggio, come da
linee guida e raccomandazioni, ovvero 400 mcg per donna in tutta l’età fertile.
A conferma di ciò anche l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), comprendendo l’importanza della
prevenzione delle malformazioni neurologiche, ha inserito l’acido folico
nell’elenco dei farmaci a rimborsabilità totale (classe A).
Secondo
Maria Pia Pisoni, rappresentante
dell’ASBIN (Associazione Spina
Bifida e Idrocefalo Niguarda) e specialista in Ostetricia e Ginecologia con
Alta Specialità nelle patologie dei difetti del tubo neurale materno-fetale
presso l’Ospedale Niguarda Ca’Granda: “Basterebbe
assumere 400 mcg di acido folico, tra l’altro farmaco di fascia A, per un
periodo più lungo rispetto ai soli mesi iniziali della gravidanza, per
contrastare i difetti del tubo neurale nei nascituri: una soluzione
possibile potrebbe essere quella di incentivare
l’assunzione di tale vitamina nel periodo in cui la donna inizia ad essere
sessualmente attiva senza utilizzare una contraccezione sicura, e
promuovere campagne informative anche nei corsi di educazione sessuale delle
scuole”. Continua Pisoni: “Se si pensa all’impatto sociale e al conseguente
impegno nella gestione di un bambino nato con una malformazione neurologica
come la Spina Bifida in termini di assistenza, di qualità della vita e del
caregiver (strutture, tempi, costi) diventa fondamentale riscrivere la storia
della prevenzione”.
A
moderare la conferenza Pierpaolo
Mastroiacovo, pediatra, epidemiologo e direttore del Centro Collaborativo
OMS ICBD (International Centre on Birth Defects and Prematurity) e del progetto
www.pensiamociprima.net, che afferma: “In Italia si
verificano ogni anno poco meno di 600 casi di DTN. È un dato molto elevato se si considera la “semplicità” della
prevenzione: è sufficiente prescrivere alla donna nel periodo fertile 400 mcg
di acido folico al giorno per ridurre del 72% il rischio di difetti del tubo
neurale. Anche altre malformazioni come cardiopatie e labbro leporino
potrebbero essere prevenute. Inoltre alcuni studi suggeriscono anche una
riduzione del rischio di prematurità, di basso peso neonatale, di autismo e di
ritardo del linguaggio”.
Ha
espresso il punto di vista accademico Nicola
Colacurci, Delegato AGUI (Associazione Ginecologi Universitari Italiani) e
Professore Ordinario di Ginecologia e Ostetricia presso la Seconda Università
degli Studi di Napoli: “In una realtà come quella dell’Unione Europea in cui la
pratica della fortificazione degli alimenti con acido folico risulta non
percorribile, le linee guida mondiali e
quelle italiane suggeriscono la supplementazione di acido folico, a mezzo
farmaco con il dosaggio di 400 mcg, come unica via per una reale e affidabile
prevenzione di specifiche patologie congenite ”.
Un momento del dibattito
durante la conferenza stampa di venerdì 27 settembre.
. Ricerca condotta su un campione di 803 donne tra i 20 e i 40 anni attraverso interviste effettuate con metodologia "CATI" (Computer Assistent Telephone Interview).
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