Sanità: valutare l’innovazione e organizzare i processi per un’assistenza migliore e sostenibile
Il ruolo dell’Health Technology Assessment e del Disease
Management Optimization
nel caso delle nuove terapie per la prevenzione
dell’ictus nei pazienti affetti
da Fibrillazione Atriale
Milano, 31 marzo 2014 -
Negli ultimi anni lo sviluppo di tecnologie innovative è diventato un
elemento di fondamentale importanza per i Sistemi Sanitari dei Paesi
europei. Farmaci innovativi, nuovi dispositivi, procedure chirurgiche evolute,
hanno portato benefici rilevanti per i pazienti, consentendo un miglioramento
anche in termini di efficacia, efficienza e qualità del
trattamento.
La garanzia di accesso dei
pazienti alle migliori cure disponibili rappresenta una sfida in cui
l’elemento determinante è rappresentato dalla sostenibilità della spesa per
il Sistema Sanitario. L’innovazione non può prescindere dall’esigenza del
controllo dei costi. Per questo il governo della stessa richiede che tutti i
soggetti coinvolti nei processi decisionali siano messi nelle condizioni di
conoscerne le potenzialità, i punti di forza e di debolezza, al fine di
poter valutare i benefici e stabilire il rapporto costo-efficacia.
Esistono, infatti, patologie
croniche ad alto impatto socio-economico, per le quali non esistono ancora
risposte terapeutiche adeguate, dove la ricerca farmacologica è impegnata
nella messa a punto di soluzioni innovative efficaci. La definizione del
valore di un farmaco consente un migliore utilizzo delle risorse
disponibili e una consapevole programmazione degli interventi necessari
al proprio management.
“E’ sempre più importante poter
orientare l’adozione delle innovazioni, sviluppando sistemi di
valutazione dell’appropriatezza – afferma Gianfranco Gensini,
Presidente COSSUM - Comitato Consultivo Scuola Scienze della Salute Umana
dell’Università degli Studi di Firenze e Vice Presidente 1^ Sezione Consiglio
Superiore di Sanità del Ministero della Salute - attraverso azioni
finalizzate sia ad affrontare i problemi emergenti e in particolare a
dismettere procedure e interventi di incerta utilità, secondo la linea del
progetto “choosing wisely” attivo negli U.S.A, sia ad avviare un
deciso cambiamento culturale e organizzativo che garantisca scelte strategiche e
operative appropriate per il futuro. Per raggiungere questi obiettivi
esistono sia a livello ministeriale che delle Regioni strumenti, risorse umane e
scientifiche dedicate a questa funzione ormai fondamentale, ma il nostro
Paese non si è ancora dotato di una struttura di riferimento che valuti in
modo sistematico le nuove tecnologie sanitarie. Credo che muoversi per
creare una rete di competenze che possa lavorare in questa direzione sia una
necessità ormai improcrastinabile”.
Alla luce di questo, assumono
particolare importanza gli strumenti di analisi come l’HTA – Health
Technology Assessment, nato per fornire una risposta operativa al
divario tra le risorse limitate del Sistema Sanitario, la crescente domanda di
salute e l’innovazione tecnologica, prendendo in considerazione gli aspetti
clinici, economici, organizzativi, etici e sociali relativi all’introduzione di
una nuova tecnologia, e il DMO (Disease Management
Optimization), per identificare nuovi modelli organizzativi, al
fine di ottimizzare gli obiettivi di qualità ed appropriatezza dell’assistenza,
nel rispetto dei vincoli di sostenibilità.
In questo scenario riveste uno
specifico rilievo il progetto che ha dato vita a una valutazione HTA per
documentare il valore dei Nuovi Anticoagulanti Orali - nel caso specifico del
rivaroxaban - nella prevenzione dell'ictus in pazienti affetti da
Fibrillazione Atriale non valvolare, che ha visto la partecipazione
dell’Istituto di Sanità Pubblica, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Roma, presentato oggi in occasione di una conferenza stampa dal
titolo: “Innovazione sostenibile in sanità: come valutarla? Il caso della
prevenzione dell’ictus nei pazienti affetti da Fibrillazione Atriale”
organizzata da About Pharma and Medical Device con il contributo incondizionato
di Bayer.
La Fibrillazione Atriale è
un’alterazione frequente del ritmo cardiaco che colpisce 1 milione di persone
nel nostro Paese e si associa ad un rischio globale di incorrere in un ictus
cerebrale 5 volte maggiore rispetto alla popolazione che non soffre di questa
patologia. Rischio che aumenta in modo esponenziale con il progredire dell’età,
con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di mortalità, disabilità ed
inevitabilmente costi per il Sistema Sanitario Nazionale. Dei 200 mila casi
di ictus mediamente stimati ogni anno in Italia, 30-36 mila sarebbero
imputabili alla Fibrillazione Atriale.
Per esercitare misure
preventive adeguate, le attuali Linee Guida Internazionali raccomandano
l’applicazione di un efficace regime terapeutico, attraverso una
terapia anticoagulante. In Italia, tuttavia, si registra un
sottotrattamento dei pazienti affetti da Fibrillazione Atriale, dovuto
principalmente ai limiti della profilassi farmacologica finora utilizzata
(antagonisti della vitamina K), che presenta alcune difficoltà di gestione come
la necessità di frequenti controlli ematici per l’aggiustamento del dosaggio,
interazioni con alimenti ed altri farmaci, oltre al rischio di emorragie,
soprattutto intracraniche.
Recentemente, tuttavia, sono
disponibili anche nel nostro Paese nuove terapie, i Nuovi Anticoagulanti
Orali (rivaroxaban, dabigatran e apixaban) più maneggevoli e sicuri, in
grado di venire incontro alle esigenze di medici e pazienti. Non richiedono
controlli ematici, sono somministrati a dosaggio fisso, facilitando l’aderenza
alla terapia, hanno scarsissima probabilità di interazioni con alimenti e altri
farmaci, presentano ridotto rischio di emorragie cerebrali rispetto alla terapia
tradizionale.
“Anche se con la nuova classe
farmacologica ci aspettiamo una maggior copertura nella profilassi, i
problemi principali che rendono ancora difficile spezzare la relazione
tra Fibrillazione Atriale ed ictus sono essenzialmente tre – dichiara
Giuseppe Di Pasquale, Direttore dell’Unità Operativa di Cardiologia
dell’Ospedale Maggiore di Bologna – Innanzi tutto siamo ancora in presenza di
una sottodiagnosi della patologia, dal momento che l’aritmia può
essere poco sintomatica, soprattutto negli anziani. Esiste, inoltre, sia
da parte dei medici, che della popolazione e dei pazienti affetti da
fibrillazione atriale una ridotta consapevolezza del rischio di ictus
connesso alla malattia. Questo comporta un sottotrattamento, come
evidenziato dallo studio italiano ATA-AF, dal quale risulta che la percentuale
dei soggetti con Fibrillazione Atriale a rischio di ictus nei quali viene
prescritta una terapia anticoagulante orale è solo del 55%, ed ancora
meno nei soggetti di età > 75 anni. Inoltre, nei soggetti trattati, la
qualità del trattamento non è ottimale, come dimostrato anche da un recente
studio italiano.”
A causa, quindi, dei limiti
oggettivi clinici e gestionali, il numero dei pazienti con maggior bisogno
clinico non soddisfatto in questa patologia è ancora elevato (50 - 65% del
totale). Il trattamento di questi pazienti con un Nuovo Anticoagulante Orale
consentirebbe una più efficace prevenzione degli ictus, quantificabile in circa
11.000 casi evitabili all’anno, che corrisponderebbero a un risparmio per
il Sistema Sanitario Nazionale di circa 230 milioni di euro per anno. Si
stima, infatti, che il costo medio annuo per paziente colpito da ictus
a carico del SSN sia di circa 20.000 euro, mentre i costi medi
annui per paziente a carico della famiglia, (assistenza, riabilitazione,
farmaci, analisi, visite, ecc.) e della collettività (mancato reddito da
lavoro del paziente e del caregiver) corrispondano a circa 30.000
euro.
Per valutare il reale impatto
dell’introduzione di questa nuova categoria di farmaci nella pratica clinica è
stata realizzata dal Centro di Ricerca in Valutazione delle Tecnologie
Sanitarie, Istituto di Sanità Pubblica, Università Cattolica del Sacro Cuore di
Roma, una valutazione HTA nei confronti di uno dei Nuovi Anticoagulanti Orali,
il rivaroxaban.
“All’interno del Report sono
presenti analisi farmacoeconomiche condotte allo scopo di valutare quanto e come
l’ingresso della molecola all’interno del contesto nazionale e regionale
influisca sul numero di eventi, complicanze e costi – afferma Silvio
Capizzi dell’Istituto di Sanità Pubblica - Università Cattolica del Sacro
Cuore di Roma – I risultati delle analisi dimostrano, nell’arco temporale di tre
anni, come l’introduzione di rivaroxaban, con quote di mercato
incrementali (dall’8% nel primo anno, fino al 30% nel terzo anno)
consenta di ridurre gli eventi di ictus, embolia sistemica e infarto del
miocardio con un risparmio complessivo di risorse sanitarie, nonostante un
incremento della spesa farmaceutica. Nello specifico, in questo scenario –
conclude Capizzi - per quanto riguarda la riduzione degli ictus abbiamo
stimato nel primo anno - 642 eventi, nel secondo anno – 1.636 e
nel terzo anno - 2.504. Per quanto riguarda il risparmio complessivo a
carico del SSN, dovuto all’introduzione di questa molecola, possiamo parlare
di 7 milioni di euro nel primo anno, 19 milioni di euro nel secondo
anno e 32 milioni di euro nel terzo anno.”
Una volta verificata
l’efficacia e la sostenibilità di una terapia farmacologica innovativa, è
altrettanto importante creare le condizioni affinché i pazienti possano accedere
in modo uniforme al trattamento.
“Per garantire l’introduzione
e l’accesso di tutti i cittadini alle innovazioni tecnologiche in sanità –
dichiara Sabrina Nardi, Vice Coordinatore Nazionale del Tribunale dei
Diritti del Malato - Cittadinanzattiva - lo strumento ‘principe’ da adottare
è l’Health Technology Assessment, che deve essere basato su un
approccio multidisciplinare e multidimensionale dell’innovazione stessa.
Questo significa che devono essere presi in considerazione tutti gli aspetti
e coinvolti tutti gli attori: le istituzioni che governano la spesa
(e non solo quelle sanitarie), ma anche le associazioni dei cittadini e dei
pazienti. In tema di HTA, poi, - continua Nardi – è necessaria una regia
nazionale, che dia indicazioni precise e omogenee su tutto il territorio
nazionale, per evitare che la frammentazione a livello regionale incida
negativamente sul tema dell’equità di accesso alle cure, che oggi è un tema di
particolare criticità”.
Oltre all’HTA stanno venendo alla
luce nuovi strumenti di analisi dell’innovazione in sanità quale il Disease
Management Optimization – DMO, in grado di fornire nuovi modelli
organizzativi nella gestione di patologie ad alto impatto socio-economico,
definite come “rilevanti”, che assorbono nel nostro Paese oltre il 60%
dell’intero fondo sanitario e coinvolgono un paziente su quattro.
“Le esperienze realizzate
negli ultimi tre anni con il DMO (Disease Management Optimization) -
dichiara Marco Volpe, Head of Life Sciences Division, Business
Integration Partners - ci hanno dimostrato che si può vincere la sfida di
assicurare a questi pazienti un’assistenza migliore e l’accesso alle nuove
terapie disponibili, tutto ciò attingendo ai valori già presenti nel
sistema. Il DMO applicato al paziente con Fibrillazione Atriale a rischio di
ictus - continua Volpe - ci ha permesso di costruire il frame work
della gestione di questa patologia: prevenzione, diagnosi della FA, terapia
farmacologica e interventistica, presa in carico del paziente con ictus e
percorsi riabilitativi. Con un modello di analisi costruito ad hoc
abbiamo correlato le principali variabili epidemiologiche, cliniche,
organizzative ed economiche ed identificato le leve di miglioramento. Le
positive esperienze realizzate con il DMO in Puglia, Toscana e Sicilia hanno
dimostrato che le specificità locali non sono una barriera. In ciascun
contesto - conclude Volpe - è possibile identificare una o più modalità
d’azione ed intervenire per gestire al meglio la FA, ridurre il numero di ictus,
i tassi di mortalità e di disabilità, il tutto senza richiedere ai sistemi
sanitari investimenti aggiuntivi. Gli interventi posso essere campagne di
screening mirato, protocolli per la gestione delle aritmie, percorsi per
potenziare l’appropriatezza, sviluppo di modelli hub & spoke delle
stroke unit, per fare solo alcuni esempi. In tutti i casi analizzati
sono emersi sempre spazi di miglioramento sostenibile.”
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