Il futuro della PMA è iniziato: dal ringiovanimento ovarico alle più recenti applicazioni genetiche
- PMA: tecniche innovative per tassi di successo sempre più alti
- Ovodonazione - Banca Centrale di Ovociti IVI, la più grande d’Europa: chi sono le donatrici spagnole e qual è l’esperienza delle riceventi italiane che si rivolgono a IVI
- L'identikit
della donatrice ideale secondo
italiane, inglesi e francesi
- Pazienti italiane in Spagna: quante sono, chi sono, cosa cercano
Roma, 16 novembre 2017
Preservazione della fertilità con crio-conservazione della corteccia
ovarica o vitrificazione degli ovociti, ringiovanimento
ovarico e test genetici sempre più
predittivi.
Questo lo scenario che si apre in riferimento alla PMA, che vede la ricerca
scientifica impegnata su
diversi fronti con il duplice obiettivo di favorire
la
nascita di bambini sani e aumentare il tasso di successo per ogni ciclo di PMA, grazie a trattamenti
sicuri che possano garantire minori complicanze possibili
alla donna.
Tracciare e conoscere
il cariotipo completo dell’embrione, utilizzare le cellule
staminali nella creazione di gameti e per la rigenerazione dell’endometrio sono alcuni
dei nodi nevralgici
che saranno sciolti
in
futuro.
“Negli ultimi anni - sottolinea il Professor Antonio Pellicer, Presidente IVI – i progressi
nel campo della fecondazione assistita hanno raggiunto risultati davvero sorprendenti e il futuro fa ben sperare. Noi di IVI da oltre 26 anni siamo impegnati in prima linea nella ricerca
scientifica
in
collaborazione con enti universitari di primaria importanza come l’Università di
Valencia e l’Università di
Yale
e attualmente siamo concentrati su diversi
ambiti: dal ringiovanimento ovarico alla preservazione della fertilità
fino allo studio
sull’impiego
delle cellule staminali nella medicina della riproduzione per rispondere
sempre meglio alle problematiche delle nostre pazienti. Siamo inoltre molto attivi
nell’ambito della ovodonazione per la
quale abbiamo realizzato in Spagna la Banca
Centrale di Ovociti più grande d’Europa che solo nel 2016 ha
registrato 7.000
cicli di donazione”.
In Spagna le donatrici di
IVI hanno un’età compresa tra i 18 ed i 35 anni, come da
disposizioni legislative in materia e devono seguire
un iter di controlli molto
rigido. L’essere idonee alla donazione viene stabilito in una prima
fase attraverso un’intervista personale e un colloquio con lo psicologo. Chi supera questo primo ‘screening’ viene sottoposto
ad accertamenti clinici: ecografia, visita
ginecologica
ed esami del sangue. Solo il 30% delle candidate a essere
ovodonatrice passa alla fase successiva, quella dei controlli sul cariotipo e il Test di Compatibilità Genetica (TCG)
per verificare se siano presenti alterazioni cromosomiche che potrebbero portare a malattie genetiche nei
nascituri. Questo l’identikit dell’ovodonatrice di IVI al termine del processo: una ragazza tra i 25 e i 26 anni, per la metà con figli; un terzo studia all’università, un terzo frequenta il
liceo,
circa il 40% è sposata o convive.
Molte le donne italiane che si rivolgono a IVI per ricorrere alla fecondazione eterologa. Nonostante dal 2014 la legge consenta di ricorrere a questa tecnica nel nostro Paese, acausa della scarsità di donatrici di
ovociti e per le procedure complicate di
importazione
dall'estero, le coppie sono ancora costrette a spostarsi dall’Italia.
Dal 2012 al 2016 i cicli di trattamento con ovodonazione a cui
si sono sottoposte pazienti italiane presso i Centri IVI in Spagna sono stati più di 7.000 versus i quasi
3.000 per la fecondazione omologa che rappresenta, comunque,
un numero importante.
Le coppie italiane arrivano ai Centri IVI
in Spagna cariche di domande
e dubbi soprattutto nel caso della donazione per la quale vogliono sapere chi è la donatrice,
perché
ha donato, se possono avere più informazioni, a quali controlli viene
sottoposta. Un approccio molto diverso
rispetto
alle coppie scandinave, per esempio,
che sono più dirette, pensano al risultato e hanno pochi
dubbi.
Le pazienti italiane
sanno
che non è possibile incontrare la
donatrice né sapere
chi sia ma sembra addirittura che la cosa non dispiaccia: preferiscono avere informazioni attraverso il Centro,
piuttosto che avere un contatto diretto.
Inoltre, per loro è importante capire perché in Spagna si dona
e in Italia no.
Quali sono le caratteristiche della donatrice richieste più
frequentemente dalle
pazienti che contattano i centri IVI? La risposta
a questa domanda cambia a seconda della nazionalità: le italiane chiedono che siano giovani, in salute, belle e
simili a loro, specie per il colore degli occhi. Le inglesi si informano su educazione, intelligenza, caratteristiche
fisiche (altezza) e livello di studi. Le francesi si preoccupano della
taglia della donatrice, così
come
di educazione e intelligenza, requisiti richiesti anche dalle
spagnole,
cui si aggiungono doti
artistiche, somiglianza e livello sociale.
“Le coppie si rivolgono a IVI – sottolinea la Dottoressa Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI di Roma - perché ne
conoscono la competenza, il livello professionale e il
tasso di successo dei trattamenti che è pari
al 90%: 9 coppie su
10 che si sono rivolte
all’Istituto Valenciano di Infertilità hanno realizzato il sogno di diventare genitori. Il 20% è
rappresentato da donne di altra nazionalità; di
queste, il 31% sono italiane, la più
alta
percentuale tra le straniere. Per il 10% circa si tratta di donne single o omosessuali, mentre il restante 90% è
rappresentato da donne eterosessuali, con un’età che varia dai 37,53 anni per la fecondazione omologa ai 42,75 di chi si rivolge al Centro per
i cicli di ovodonazione”.
Con oltre 26 anni di esperienza, 50.000 trattamenti ogni anno, 160.000 bambini nati, 2.000 professionisti e 70 cliniche in 13 Paesi, IVI, dopo la fusione con l’americana RMNJ, rappresenta la
più grande
realtà mondiale nel campo
della Procreazione Medicalmente Assistita.
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